Si è aperta poco dopo le 11 la camera ardente per Bruno Segre, partigiano, avvocato e giornalista morto sabato scorso all’età di 105 anni. Centinaia le persone arrivate al Polo del ‘900 per l’ultimo saluto. I membri dell’Anpi, che si sono dati il cambio durante la mattinata in una sorta di picchetto, hanno salutato l’arrivo del feretro con il pugno chiuso alzato. Tra le autorità presenti le assessore Chiara Foglietta e Gianna Pentenero e la presidente dell’Ordine degli avvocati Simona Grabbi. Decine i foulard tricolori dell’Anpi tra le molte persone in coda per l’ultimo saluto a Bruno Segre. Ai lati della stanza due grandi corone di fiori: una della Città di Torino e l’altra della Regione.
Tra i familiari di Bruno Segre c’è il nipote Ruben, avvocato penalista di 36 anni. Del nonno ricorda l’amarezza per la situazione politica attuale “in preda a mediocri senza alcuna qualità. Ricordava invece la politica di un tempo: diceva che in passato in Sala Rossa trovava punti di contatto anche con chi non la pensava come lui”. Il più grande lascito di Bruno Segre? “Considerare la libertà e i diritti non come qualcosa che arriva, ma per cui bisogna combattere: dal diritto all’aborto a quello di espressione”. Negli ultimi anni della sua vita, ricorda il nipote, Bruno Segre aveva il rimpianto di aver sacrificato un po’ la famiglia a causa dei suoi numerosi impegni: “Ho vissuto a pieno il suo affetto di nonno dai 95 anni in avanti”.